1. Viene a trovarmi in sogno Rudi Lucini, un figlio con i capelli grigi, che mi dice: "nell'affidarmi un caso di adozione, avete tenuto conto della mia longevità?". "Perché avremmo dovuto?" rispondo. "I miei maestri sono ancora tutti vivi e in attività. Vorresti che non lavorassero più? Io ho ancora molto da imparare da loro". Bé, anche se Freud ci ha insegnato a guardare al sogno come a un luogo di verità, non è scritto da nessuna parte che nei sogni non si possa mentire, e io, in questo sogno, ho detto almeno due bugie, delle quali devo rendere conto a me stesso, devo rendermi conto. Non è vero che i maestri siano tutti vivi o in attività, così come è del tutto falso che io segua ancora i loro insegnamenti. Ma, a pensarci bene, io e Rudi un maestro in comune lo abbiamo realmente, il che mi pone in una luce ancora più incerta nella filiera delle generazioni: essendo io figlio (di un maestro più giovane di me di qualche mese), ma con i giorni contati, da padre guardo alla mia sudata saggezza senza avere più, davanti a me, tutto il tempo sterminato che mi servirebbe. Non c'è abbastanza tempo: si può ancora pensare, si può ancora scoprire qualcosa, mentre il futuro ci mostra il suo limite impietoso?
2. La settimana scorsa, dopo una malattia di cui non ero al corrente, è morto Gianni, un antico paziente con cui condivisi due lunghe avventure, la prima durante la mia giovinezza professionale e la seconda nella maturità. Lucy mi ha ricordato le parole che Gianni le disse l'unica volta in cui parlarono al telefono: "anagraficamente suo marito potrebbe essere mio figlio, ma per me è come un padre". Figli che sono padri, generazioni che si sovrappongono, filiazioni che nascono nel dolore e nella tenerezza, a volte senza che gli interessati lo sappiano.
3. Di tutti i personaggi che popolano questo Blog, Lucrezia è colei che ha sviluppato una singolarissima e dolorosa angoscia tanatofobica, arrivando a dire, da ragazza grande e intelligente qual è, che i suoi genitori saranno immortali.
4. Ada mi ha detto: "ho paura che lei possa non esserci più". Questa frase è un risveglio dopo un lungo sonno gelato, ed è probabilmente la radice più importante del mio sogno. Ho tenuto conto della mia longevità, quando ho deciso di adottarla?
5. Che importa? Le ho risposto. Ciò che conterebbe, se io sparissi, sarebbe ciò che di me continuerà a vivere in lei. Noi siamo qui per il viaggio, non per la meta. Il viaggio non finisce che molto tempo dopo la fine del viaggiatore. Noi, se lo avremo meritato, sopravviveremo negli altri, almeno per un po'.
6. Forse, è per sfuggire a tutti questi accavallamenti generazionali che c'è chi continua a sognarmi come un fidanzato fedifrago, ostinata nostalgia d'edipi e di psicoanalisi che furono. In ogni giardino di gesso, i nani hanno un impiego assicurato che sembra eterno anche se è soltanto posticcio. Fortuna che, dietro ogni ostinazione, si cela una vitalità senza fine; in fondo, Matilde è con me fin dal primo giorno, o giù di lì. E questa eternità condivisa ha trovato, alla fin fine, la sua ragion d'essere, rivelandosi fatta di un materiale prezioso.
"[...] È lo stesso Sullivan, insieme ad altri gabbiani, a spiegargli che quello non è il vero Paradiso, ma solo un livello transitorio, dopo il quale si passa più in alto ancora, fino a raggiungere la perfezione e che tutti, prima o poi, saliranno di piano in piano. Quando finalmente raggiunge i livelli del suo maestro, si accorge che - nonostante tutto ciò che ha imparato - il suo corpo gli è ancora d'intralcio. Così chiede al gabbiano più anziano, Ciang, di insegnargli a volare alla velocità del pensiero, a superare il "qui ed ora", cosa che soltanto Ciang sa fare.
RispondiEliminaDopo molti tentativi, Jonathan riesce nel suo impegno, ma poche settimane dopo Ciang muore e viene portato in un Paradiso superiore. Egli lascia il posto di maestro a Jonathan: non basta allenarsi al volo perfetto, il vero scopo è arrivare a capire il segreto della bontà e dell'amore, ovvero la cosa più difficile da mettere in pratica. Rimasto senza guida, Jonathan tormentato dal desiderio di insegnare al resto dei gabbiani dello Stormo Buonappetito tutto ciò che ha appreso, confessa a Sullivan i suoi pensieri, ma questo lo convince ad aiutarlo nella sua attività di addestramento dei nuovi arrivati. Qualche tempo dopo, torna il desiderio di andare ad insegnare allo stormo Buonappetito: così saluta Sullivan e parte per ritornare al suo luogo di origine, dove trova un giovane: Fletcher Lynd, che diventa suo allievo. Le loro lezioni di volo non passarono inosservate e piano piano altri gabbiani reietti si unirono a Jonathan e Fletcher : in pochi mesi gli allievi aumentarono fino a diventare un gruppo ben nutrito,cosa che spinse Jonathan a decidere di tornare dallo stormo, per mostrare a tutti gli altri gabbiani cosa avrebbero potuto fare se solo avessero avuto il coraggio di osare e di seguire la loro natura di uccelli. Piano piano i gabbiani più coraggiosi iniziarono a farsi avanti, curiosi di conoscere la causa di Jonathan e si unirono al gruppo per seguire le sue lezioni di volo.
Un giorno, durante una lezione, Fletcher Lynd andò a sbattere contro una roccia con tanta violenza che ne rimase tramortito. Per Fletcher Lynd, che ormai aveva imparato molto sul volo, quella fu la soglia di passaggio alla dimensione superiore, quella del pensiero, dove incontrò Jonathan che gli spiegò dove si trovava e cos'era quel luogo, ma soprattutto gli pose una scelta: se voleva rimanere dov'era ed imparare nuove tecniche di volo o se voleva tornare, per il momento, a prestare la propria opera presso lo stormo. Fletcher Lynd scelse di tornare allo stormo e così fu. Da questo episodio Jonathan capì che il suo compagno ormai era maturo per prendere il suo posto e che la propria missione si era infine compiuta. Così si avvicinò all'amico e lo rincuorò circa le sue capacità, per poi salutarlo e scomparire improvvisamente."
Il gabbiano Jonathan Livingston, Richard Bach, 1970