Perché Wiesbaden 1932


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martedì 27 marzo 2012

LEZIONE APPRESA TROPPO TARDI

Fu tanti anni fa, e non ne ricordo più il nome. La paziente venne da me –allora giovane, rigido, impettito- per raccontarmi una storia dolorosa, che non ricordo più. Ci fu tra quei suoi ricordi d’infanzia, l’eco di un silenzio generalizzato (i tecnici lo chiamano “mutacismo elettivo”): lei, bambina, riusciva a comunicare soltanto con la sorella gemella e con nessun altro. Rimase per poco tempo: un passaggio, un soffio. Ma mi lasciò due quadri, molto preziosi, dipinti da lei. Nel primo dei due, una lunga lettera illustrata e indirizzata a me sfumava in parole dal significato misterioso, vergate in caratteri che non conoscevo. Nell’altro vi ero raffigurato anziano (forse, persino un po’ giovane, se paragonato all'oggi): un grande ritratto nel quale lei, moltiplicata in dimensioni di gnomo perfettamente rassomiglianti, spuntava da ogni piega della mia giacca e dalle mie tasche.
Fui lusingato, meravigliato, incredulo; e non compresi. Quando se ne andò (poco tempo dopo aver appreso casualmente che era nata mia figlia) non seppi perché, e non ne parlai con nessuno.
Ora, riguardando quel quadro appeso da tanti anni sopra la mia scrivania, ho l’impressione di trovarmi di fronte a una lezione appresa troppo tardi: Pollicina (la chiamerò così) chiedeva soltanto di abitare in una mia tasca. Forse se ne andò perché sentì che, almeno in quel momento, i miei spazi interni erano tutti occupati da quella bambina di pochi giorni, e che ciò che di me che restava a sua disposizione era troppo poco. Credo che così avesse capito (almeno lei, non io), e mi piace sperare che se ne sia andata senza provare rancore.

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