In una lettera datata 8 Marzo 1895, Freud scrive all'amico Wilhelm
Fliess, celebre otorinolaringoiatra berlinese, una lettera molto turbata, con
la quale lo mette al corrente dell'esito imprevisto e sfavorevole
dell'intervento di asportazione di un turbinato nasale a Emma Eckstein, amica
di famiglia e paziente di Freud.
Emma è ammalata d'isteria, in un'epoca in cui la psicoanalisi non
ha ancora raggiunto una propria maturità di disciplina scientifica. Freud sta
compiendo i primi passi nella cura delle nevrosi, e da tre anni ha stretto un
rapporto di intima amicizia con il medico berlinese.
Quest'ultimo sta sviluppando una teoria eziologica dei disturbi
isterici, che in qualche modo "incrocia" gli studi freudiani, secondo
la quale i fenomeni isterici sarebbero riconducibili a una presunta relazione,
nella corpo femminile, fra le mucose nasali e i genitali, da cui ha tratto una
teoria definibile come della "nevrosi nasale riflessa".
In breve, Fliess consiglia l'amico di operare al naso Emma, ma
l'operazione si risolve in un clamoroso disastro. Non soltanto, l'esistenza di
"punti genitali del naso" che avrebbero un ruolo
eziologico nella genesi della malattia è pura fantasia, ma
l'operazione va incontro a un gravissimo incidente: Fliess, venuto apposta a
Vienna da Berlino per operare la paziente, non si avvede che un lembo di garza
allo iodoformio è rimasta in una cavità ossea vicina al naso (seno paranasale),
e provoca alla paziente conseguenze post-operatorie pericolose per la stessa
vita, che verranno scongiurate dal tempestivo intervento del prof. Gersuny, un
otorinolaringoiatra viennese chiamato da Freud giorni dopo il ritorno di Fliess
a Berlino.
L'episodio, sul quale si è scritto moltissimo, è l'argomento
sottostante il celebre "Sogno dell'iniezione a Irma", considerato lo
"specimen dream" dell'"Interpretazione dei Sogni" (1899),
l'opera forse più importante del Viennese.
Rileggendo ora la lettera scritta da Freud a Fliess poco dopo l’incidente,
vengo colpito da alcune frasi nelle quali ricorre la parola "compassione".
Freud si trova in una situazione di grave imbarazzo, ed è
dilaniato da pesantissimi sentimenti di colpa e di vergogna. La sua
determinazione nel ricercare l'eziologia sessuale al fondo di ogni nevrosi, lo
condurrà, come nel caso clinico del Presidente Schreber, a trascurare vari
elementi d'indagine in favore della conferma dei propri presupposti teorici.
Per questo a me sembra che il senso di colpa espresso attraverso il "sogno
di Irma" contenga anche un elemento concernente tale percorso d'indagine
scientifica. Durante il sogno, infatti, viene riscontrata nella paziente
un'infiltrazione dovuta a una manovra medica errata, questa volta l'iniezione
di un composto chimico, la
trimetilamina, che richiama, per le sue caratteristiche
organolettiche, la sessualità. Forse, pensa Freud durante il sogno, "l'ago
non era pulito".
Il senso di colpa è quindi causato da una doppia manovra erronea e
in parte violenta: l'aggressione chirurgica che residua un corpo estraneo nel
corpo dell'ammalata e l'intrusione forzata di un elemento eziologico che non c'è:
non l'interessamento nasale nelle vie nervose che dovrebbero essere coinvolte
del processo isterico. E accanto ad esso, neppure, forse -mi permetto di
arguire- la sessualità come elemento onnipresente e pervasivo.
L'introduzione di questi elementi richiede un certo grado di
tacitamento del senso di colpa, normale del resto, nella professione chirurgica
quale premessa a un'aggressione cruenta a fini esclusivamente terapeutici. Da
questi atti medici è estromessa la compassione, ovvero l'identificazione con la
sofferenza dell'ammalato e con la sua paura.
Nella lettera a Fliess, Freud è in grave conflitto perché vorrebbe
accusare l'amico di un atto barbaro e insensato, ma prima di tutto deve
accusare se stesso (da cui poi il sogno, a esercitare una funzione
traumatolitica e consolatoria) per aver accettato e favorito l'intervento.
Dopo aver dichiarato non senza sforzo che non intende rivolgere
accuse all'amico, Freud invita se stesso e l'altro al recupero di un elemento
psichico prima censurato in entrambi: per l'appunto, la compassione.
"Ora -scrive- dopo che ci ho riflettuto sopra, non resta
altro che una sincera compassione per quella figliola". E più avanti:
"Naturalmente, nessuno ti muove un appunto, e non saprei nemmeno chi
potrebbe farlo. Spero solamente che anche tu arriverai, come me e altrettanto
rapidamente, a provar compassione, e sta pur certo che non mi è stato
necessario ristabilire la mia fiducia in te.
Desidero soltanto aggiungere che per un giorno ho esitato a
comunicarti l'accaduto, poi ho incominciato a vergognarmi, ed ecco qui la
lettera". (Sigmund Freud, Lettere a Wilhelm Fliess 1887-1904. Edizione
integrale a cura di J. M. Masson. Torino: Boringhieri 1986).
Perché mi colpisce questo ripetuto richiamo alla compassione?
Forse perché esso si colloca a un bivio dell'affettività del medico. Ostacolo
indesiderabile laddove si debba procedere in maniera cruenta e dolorosa per
salvare la vita a un paziente, la compassione (parola etimologicamente affine a
termini come "simpatia" ed "empatia") è un sentimento di
marca materna, espulso dalla cultura medica maschile dalla coscienza
"militarizzata" in funzione della guerra al "nemico"
identificato con il "morbo", l'agente patogeno, il tumore, in
obbedienza alla disposizione affettiva che Franco Fornari chiamava "codice
paterno".
Ma
l'improvviso richiamo alla "pietas" materna, che coglie Freud nel
momento del dolore e della vergogna, è la necessità di riappropriarsi di una
dimensione che nulla più trascuri di tutto ciò che è umano. La questione di una
cura condotta con uno sguardo materno oppure paterno sarà destinata, negli anni
a venire, a costellare anche dolorosamente il lungo confronto affettivo e
conflittuale tra Sigmund Freud e Sándor Ferenczi.
Ricevo da Francesca Compagnone:
RispondiEliminaScusa ma la “pietas”non è solo materna, in questa lettera ci leggo il dispiacere di Freud per un brutto fallimento, ma conoscendolo ci sento
“Freud si trova in una situazione di grave imbarazzo, ed è dilaniato da pesantissimi sentimenti di colpa e di vergogna”
Freud è sempre molto preoccupato da se stesso.
Leggo
“Da questi atti medici è estromessa la compassione, ovvero l'identificazione con la sofferenza dell'ammalato e con la sua paura.”
Quando lavoravo in Oncologia Medica notavo come la dissociazione dei medici,la non identificazione,la parcellizzazione cioè chiamare la milza, la mammella, il fegato,al posto del nome del paziente fosse nociva per i pazienti ma servisse solo al medico per non angosciarsi.
Francesca
Dicendo "materna" non intendevo "della sola madre", intendevo un tipo di approccio più vicino al sentire materno. Lo so bene che, in questo modo, l'aggettivo "paterno" (forse sarebbe meglio "patriarcale", sulla scia di Fromm) da Fornari in poi, rischia di essere eccessivamente connotato di maschilismo, predatorietà, autoritarismo, militarizzazione; vi è certamente un problema terminologico.
EliminaMa l'intento era comunque proprio quello di mettere in evidenza quel tipo di dissociazione (e il ritorno da essa) cui tu stessa hai assistito.