Confesso di avere molte difficoltà con il pensiero di Wilfred Bion, perché
si presenta in modo seducente, misterioso, affascinante, esageratamente ellittico, perentorio, e mai del
tutto convincente.
Ė qualcosa che non si capisce fino in fondo ma che si percepisce come molto
prezioso. È come quel frammento della Civitas Dei che si salvò dalle fiamme in
un racconto di Borges. Quel frammento racconta che Platone "insegnò in Atene che
alla fine dei secoli, tutte le cose riacquisteranno il loro stato anteriore, e
che egli in Atene, davanti allo stesso uditorio, insegnerà tale dottrina" (J. L.
B., I Teologi, nella raccolta l'Aleph). Quel frammento, prosegue il racconto,
divenne oggetto di una forma speciale di devozione, dando luogo al formarsi di
sette religiose che avevano come loro credo l'Eterno Ritorno e come simbolo la
Ruota al posto della Croce. Ma i loro adepti ignoravano che nel testo originale
da essi venerato, Agostino aveva esposto la dottrina per meglio
confutarla.
Così, di fronte alle parole di Bion le cui premesse (il)logiche mi sono
sconosciute, sono tentato dalla Fede, tanto più che Lui la raccomanda. L'unica
ragione che mi fa esitare sulla via della Dottrina è la certezza che Bion non
sarebbe affatto contento di tutto ciò, di me suo chierico indegno, e forse addirittura della sua stessa Creazione. Salvo disconoscerne come fa quell'Altro, la traduzione blasfema fornita dai
Suoi interpreti.
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