Perché Wiesbaden 1932


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giovedì 10 maggio 2012

IL DOLORE, FINALMENTE

Accade a volte che persone minorenni, una volta liberate dall’incubo di tornare sotto il potere di un genitore rivelatosi violento o abusante dal quale si erano sentite dolorosamente intrappolate, siano colte da una singolare tristezza, da un’inquietudine che rende cupo quello che dovrebbe essere un giorno di liberazione. Di fronte a un fenomeno tanto inaspettato, qualcuno potrebbe pensare a una sorta di oscura nostalgia per il male, ma non è così. Quando il male ci insegue e ci opprime, quando ci fa sentire che non abbiamo alcuna via di scampo, davanti all'offerta di un riparo, tutte le nostre forze saranno organizzate per renderci irreperibili, nascosti, invisibili. Soltanto quando avremo la certezza dello scampato pericolo potremo uscire di nuovo alla luce del sole, e finalmente metterci a piangere. E il dolore che ne sgorgherà, quello che fa dire “perché proprio a me?”, sarà il rimpianto di non aver avuto un genitore normalmente amoroso, ciò di cui tutti abbiamo bisogno per nascere alla vita mentale.

3 commenti:

  1. dal suo esilio iberico, Emilio Vercillo mi scrive:


    "Non so, a volte sarà questa tristezza, nostalgica di un passato inestistente.
    Ma ho il dubbio che uno dei legati più crudeli sia il fatto che intorno all'abuso e correlati si strutturi quel poco di identità che è possibile, e al venir meno della gabbia (se non si è provveduto cautelosamente a far nascere qualcosa che sia più che fragile) cosa resta?".

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    1. All'inizio resta un senso di smarrimento, di disorientamento perché la vita si era organizzata interamente intorno alla difesa di quel poco di identità possibile in questi casi. E' come essere vissuti all'interno di una fortezza senza porte, quando si apre finalmente un varco tra le mura il primo impatto può essere di paura per un mondo esterno non conosciuto, con regole diverse tutte da imparare, poi arriva il rimpianto per quello che si è perso di se stessi e degli altri e alla fine (e questo rappresenta veramente la riuscita di una psicoterapia) può nascere un senso di curiosità e di meraviglia per la vita e il mondo per come sono ora. Questo, quando va bene, sarebbe l'esito ideale ...

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  2. Stai parlando dell'adattamento, e della rinuncia ad esso. Il momento più insidioso è quello nel quale la corazza cade. E' in quel momento che spetta al terapeuta il compito di fare da scudo.

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