In "Principio di rilassamento e neocatarsi" (1929), Ferenczi scrive: "La mia posizione personale nel movimento psicoanalitico ha fatto della mia persona qualcosa di intermedio fra allievo e professore".
Questa osservazione, va bene al di là di una contingenza personale: oltre a riflettere lo "stile" di ricerca dell' Autore, indica un atteggiamento complessivo verso la pedagogia quale diretta espressione dell'esperienza genitoriale. Così come non si puó essere adulti senza "sentire" e "curare" il bambino interno, non si può essere genitori senza aver presente, in maniera viva e attuale, la propria esperienza di figli. Lo stesso vale per la posizione dell'insegnante (soprattutto se si insegna la psicoanalisi): occorre parlare contemporaneamente all'allievo che si ha di fronte e al proprio maestro che si ha nella memoria. L'intropressione, sostanza psicologica dell'insegnamento autoritario, non può essere evitata senza il concorso del vissuto di chi la subisce, magari in silenzio, o senza neppure rendersene conto.
(Un corollario di questa riflessione riguarda direttamente il lavoro analitico: al netto di ogni eccesso di identificazione con il paziente, dovremmo sempre mantenere uno spazio mentale per sentirci al suo posto, sul lettino o di fronte a noi, memoria della nostra passata esperienza di pazienti).
(Un corollario di questa riflessione riguarda direttamente il lavoro analitico: al netto di ogni eccesso di identificazione con il paziente, dovremmo sempre mantenere uno spazio mentale per sentirci al suo posto, sul lettino o di fronte a noi, memoria della nostra passata esperienza di pazienti).
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