Riferendosi alla paziente B., che quattro anni prima aveva ricevuto una proposta amorosa da parte del padre, Ferenczi scrive nel Diario Clinico (*):
"ora si aspetta che: (1) io creda alla realtà dell'evento; (2) la rassicuri sul fatto di essere da me ritenuta innocente; (3) la reputi innocente anche se dovesse risultare che nell'aggressione lei ha sperimentato un enorme soddisfacimento e ha provato ammirazione per il padre; (4) le dia la certezza che non mi lascerò trasportare da una simile passione".
Leggendo queste righe mi chiedo: come mai un pensiero tanto lucido e lineare, e persino semplice da comprendere, è stato oggetto di feroce ostracismo, tacciato di eresia, ignorato e dimenticato per oltre ottant'anni? E oggi, di quanti terapeuti è patrimonio?
"ora si aspetta che: (1) io creda alla realtà dell'evento; (2) la rassicuri sul fatto di essere da me ritenuta innocente; (3) la reputi innocente anche se dovesse risultare che nell'aggressione lei ha sperimentato un enorme soddisfacimento e ha provato ammirazione per il padre; (4) le dia la certezza che non mi lascerò trasportare da una simile passione".
Leggendo queste righe mi chiedo: come mai un pensiero tanto lucido e lineare, e persino semplice da comprendere, è stato oggetto di feroce ostracismo, tacciato di eresia, ignorato e dimenticato per oltre ottant'anni? E oggi, di quanti terapeuti è patrimonio?
(*) Sándor Ferenczi (1932), "Sopportare la solitudine", 8 Agosto 1932. In: Diario Clinico, Milano: Raffaello Cortina editore, 1988, p. 293.
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