Quanta “verità” oggettiva ci può essere nell’interpretazione psicoanalitica di un sogno? Sarebbe facile, oltreché assolutamente onesto, rispondere: “nessuna”.
Ma il problema è se la psicoanalisi sia un’indagine paragonabile a un esame di laboratorio o a una radiografia, qualcosa che serva ad evidenziare ciò che non si vede ad occhio nudo, o piuttosto qualcosa che serve ad attribuire senso a ciò che, altrimenti, sarebbe destinato a rimanerne privo.
Un interlocutore non passivo avrebbe diritto di chiedere: “ma allora il senso e la giustezza di un’interpretazione sono arbìtri che gli psicoanalisti offrono ai pazienti come pezze calde, favole consolatorie buone a riempire le loro aree cieche e i loro buchi inquietanti solo per qualche ora e a caro prezzo? No, rispondo: non ci sono (o ci sono raramente) interpretazioni “giuste”, nel senso che rivelano una “verità” incontrovertibile. Ma ci sono interpretazioni corrette, e sono quelle che descrivono, come possono, qualcosa che potrebbe essere rappresentato in mille modi, ma che il paziente non sa narrarsi da sé, e che una volta ascoltatolo, riconosce, almeno emotivamente, come vero, come testimone attendibile del proprio malessere.
Nessun paziente è in grado di raccontare all’analista un sogno sognato una notte precedente tal quale è stato; il racconto narrato in analisi è piuttosto un “risogno” del sogno, un racconto filtrato da una memoria opaca e fluttuante, che può omettere, arricchire, o persino trasformare, stravolgendola, la trama apparsa alla coscienza durante il sonno.
Lo stesso vale per l’interpretazione fornita dall’analista: è un nuovo sogno, del “risogno” del sogno.
In quel caso, la “giustezza” dell’interpretazione non può essere rimandata a un codice “obiettivo”, né d’altronde può essere ammissibile un’interpretazione arbitraria, perché ciò destituirebbe di senso il tutto.
E può anche capitare che l’analista, dopo la seduta, ripercorra il sogno, o se lo scriva, o lo racconti a un supervisore, o a un gruppo paritetico di colleghi che ripensano, nel rispetto della privacy e del segreto, a ciò che i pazienti raccontano loro. E anche lungo queste successive narrazioni e trascrizioni, il sogno lieviterà, cambiando un poco di forma, e arricchendosi di senso.
Le interpretazioni, i commenti, le rimemorazioni delle nostre stesse esperienze sono punti di osservazione che guardano da posizioni diverse uno stesso oggetto, rivelandone particolari che prima erano nascosti. Ci raccontano la verità sommandosi fra di loro, e trasformandosi nel tempo, così come noi stessi, pazienti e analisti, ci trasformiamo incessantemente.
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