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domenica 12 febbraio 2012

AMORE DI CONTROTRANSFERT

Una delle ragioni per le quali l'amore di controtransfert è un argomento così poco studiato in psicoanalisi (a differenza dell'odio, oggetto di un memorabile articolo di Winnicott), è che le espressioni amorose, in psicoanalisi, hanno subito per troppo tempo l'ombra del sospetto di essere connotate eroticamente. Ciò vale certamente per l'amore di transfert, sul quale Freud scrisse pagine che poco spazio lasciano a forme amorose diverse dall'erotismo.
E a maggior ragione ciò vale per il controtransfert amoroso, da sempre oggetto di pruderie, di imbarazzo e di sospetto per gli analisti che non ne parlano volentieri, nel timore di essere considerati ancora nevrotici e poco adatti al loro lavoro.
Tanto perbenismo ha prodotto qualche difficoltà nella comprensione dei fenomeni psichici, trascurando, in nome di un pensiero che al fondo risente di un passato monotematico, la possibilità che ci siano forme di amore controtransferale diverse dalla variante erotica.
Se eros e agape configurano relazioni amorose di tipo orizzontale, che dire infatti dell'amore materno, per definizione asimmetrico e verticale, al centro del quale c'è il bisogno di trasmissione della vita? E non solo di quella biologica: anche e soprattutto di quella affettiva, unica garanzia di sopravvivenza reale per una specie continuamente abbarbicata a ipotesi religiose, per la verità piuttosto spericolate, di sopravvivenza eterna dell'Io.
Quindi: è possibile che gli psicoanalisti smettano di vergognarsi di amare i propri pazienti? Io penso di si,  o almeno lo spero.
Resta aperto un problema: che dire delle declinazioni erotiche dell'amore psicoanalitico? Per quello di controtransfert c'è poco da dire: è interamente affidato all'autoanalisi del terapeuta, e, per evitare guai peggiori, sarà bene che sia assolutamente cosciente e magari anche discusso nelle supervisioni e nei gruppi, sempre che analisti, supervisori e gruppi sappiano scrollarsi di dosso l'idea, puerile e ridicola, che si sia analizzati e denevrotizzati completamente una volta per tutte.
Per quanto riguarda il transfert erotico, invece, che un mio maestro definiva "più vicino al transfert negativo che a quello positivo", può essere certamente attribuito a intenzioni ostili da parte di pazienti particolarmente spaventati (o spaventate) da ipotesi di cambiamento, ma chi ci dice che, adottando una prospettiva relazionale, non si scopra che, almeno qualche volta, è l'effetto di pensieri segreti dell'analista?

5 commenti:

  1. Qui ci viene in aiuto un ferencziano doc!
    Harold F. Searles scrisse un fantastico articolo intorno al '51 intitolato "L'amore edipico nel controtransfert", sostenendo come nel corso di un'analisi l'amore che ogni terapeuta prova non è solo un amore che richiama la relazione madre-bambino ma un amore 'genitale' ricco di emozioni altre, un amore che bisogna vivere ed elaborare per considerare un'analisi terminata.
    Si trova su Scritti sulla schizofrenia; negli ultimi anni mi pare che Ogden abbia dedicato proprio a questo articolo uno splendido saggio.

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  2. Grazie: conosco quegli articoli e corro a rileggermeli.

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  3. DAL PUNTO DI VISTA DI UN ANALIZZATO
    Grazie Gianni per queste riflessioni che, è vero, toccano argomenti tabù per psicoanalisti, ma anche per analizzati che difronte al loro amore transferale per il/la terapeuta spesso non sanno come gestire i loro sentimenti nel corso stesso della loro analisi. Si ha la sensazione che tali sentimenti in quanto transferali vadano solo superati o sublimati. Ricordo il caso di Anna G. che con coraggio confessa il suo amore per Freud durante la sua analisi col padre della psicoanalisi ma parlo anche per esperienza personale. Infondo ogni esperienza amorosa non è un transfert?

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  4. Caro Paolo, io credo che chi è in analisi dovrebbe poter dire "tutto quello che gli passa per la mente", in ottemperanza alla regola fondamentale. L'analista ha il compito di rendersi pienamente permeabile e accogliente nei confronti di ogni espressione del paziente, altrimenti il suo lavoro sarà limitato e potenzialmente fallimentare.
    Se il transfert è un'attitudine relazionale universale, essa non riguarda soltanto ciò che accade in analisi. Parimenti, il controtransfert non è un'esclusiva del solo analista: Ferenczi scrive pagine esemplari sul controtransfert del paziente nei confronti dell'analista. L'inibizione a esprimere i sentimenti nei confronti dell'analista può essere una difficoltà interna al paziente (a maggior ragione se l'analista è dello stesso sesso), ma non è escluso che sia prodotto anche da un atteggiamento troppo riservato dell'analista, atteggiamento che verrà vissuto come inaccessibile e pericoloso.

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    1. Caro Gianni, Infatti, la regola d'oro delle associazioni libere senza autocensure è ciò che rende una analisi efficace, sebbene questo implichi grande coraggio e onestà da parte dell'analizzato. Ci tengo solo a specificare che quando dico "esperienza personale" mi riferivo ad una mia terapia fatta qualche anno fa con una terapeuta per la quale serbo ancora un grande affetto.

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