Perché Wiesbaden 1932


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Detto ciò, benvenuti nel mio Blog, angolo per riflessioni da condividere con colleghi e amici selezionati.











martedì 27 dicembre 2011

IL PRINCIPIO DEI VASI COMUNICANTI

Non mi è mai accaduto di piangere davanti a un paziente, e preferirei che non capitasse, anche se farlo non mi sembrerebbe una tragedia. 
Tempo fa, poco dopo l’alluvione che il 4 novembre 2011 ha colpito la zona di via Fereggiano a Genova, noi del Centro Trauma (*) ci siamo messi a disposizione per dare sostegno alle vittime del disastro. Pochi giorni dopo, incontro una coppia colpita dall’esondazione: sono rimasti senza casa, dopo che il fiume li ha risparmiati soltanto perché, rompendo gli argini, è andato a uccidere da un’altra parte. Quando ci sediamo di fronte, il marito dice qualcosa con difficoltà, mentre lei mantiene gli occhi, di un azzurro intenso e scintillante, fissi nel vuoto. All’improvviso i nostri sguardi si incrociano, e io, dentro di me, praticamente a freddo, sento salire agli occhi come una gran massa d'acqua, un bisogno quasi violento di piangere. Capisco che, almeno per oggi, lei non dirà nulla; ma penso che, in fondo, ci siamo già detti molto più di quanto potessi aspettarmi da un primo colloquio.
Più tardi, ripensando all'azzurro così intenso di quegli occhi, li immagino come invasi sul punto di tracimare; piangere è vietato, perché un altro diluvio sarebbe insopportabile. Mi piace pensare che quella donna abbia usato i miei occhi come canale scolmatore.


(*) Centro Trauma per la diagnosi e la cura degli stati di stress post-traumatico nei bambini, negli adolescenti, e nelle donne. Struttura Complessa Assistenza Consultoriale, ASL 3 Genovese.

lunedì 26 dicembre 2011

LA RELAZIONE PSICOANALITICA CON LA VITTIMA D'INCESTO

Riferendosi alla paziente B., che quattro anni prima aveva ricevuto una proposta amorosa da parte del padre, Ferenczi scrive nel Diario Clinico (*):

"ora si aspetta che: (1) io creda alla realtà dell'evento; (2) la rassicuri sul fatto di essere da me ritenuta innocente; (3) la reputi innocente anche se dovesse risultare che nell'aggressione lei ha sperimentato un enorme soddisfacimento e ha provato ammirazione per il padre; (4) le dia la certezza che non mi lascerò trasportare da una simile passione".

Leggendo queste righe mi chiedo: come mai un pensiero tanto lucido e lineare, e persino semplice da comprendere, è stato oggetto di feroce ostracismo, tacciato di eresia, ignorato e dimenticato per oltre ottant'anni? E oggi, di quanti terapeuti è patrimonio?

(*) Sándor Ferenczi (1932), "Sopportare la solitudine", 8 Agosto 1932. In: Diario Clinico, Milano: Raffaello Cortina editore, 1988, p. 293.

PELLE D'ASINO

Per sostenere l'appassionata richiesta, rivolta alla psicoanalisi, di spogliarsi di alcuni indumenti (in sospetto di paramenti), occorre contraddire molte obiezioni: di soggiacere a primitive difese, di essere schiavi di una furia iconoclastica di matrice invidiosa, di non voler vedere i propri conflitti interiori. In ogni caso, verremo accusati di voler asportare non indumenti, ma organi vitali. Ma perché negare la prova? E se, alleggerita degli orpelli, ci apparisse più bella, più calda e giovane di prima?

domenica 25 dicembre 2011

COME SI RICORDANO I SOGNI

Ricordare un sogno notturno proprio così come è stato è probabilmente impossibile. Ogni volta che ripercorriamo con la mente  un sogno, il mattino seguente o dopo molti anni, lo risogniamo. E ogni volta è espressione del momento presente, nell'incessante fluire della vita psichica.

venerdì 23 dicembre 2011

POSTILLA A "L'INQUIETUDINE DEI POTENTI"

Nel post "L'inquietudine dei potenti" (28 Settembre 2011), temo di avere un po' esagerato, paragonando il mio paziente ad Alessandro e me al filosofo cencioso (Diogene il Cinico). E se fosse vero il contrario?

lunedì 19 dicembre 2011

NELLA SCENA DEL MIO SOGNO C'E' SEMPRE LEI, DOTTORE ?

Un tempo, riconoscermi nel sogno di un altro mi gratificava; oggi, il pensiero di quella gratificazione mi imbarazza. Dobbiamo essere pronti ad accogliere qualsiasi fantasia, diurna o notturna, dei nostri pazienti, senza dimenticare che c'è qualcosa di impudico in ogni interpretazione di transfert che ponga l'analista al centro della scena. Dobbiamo proteggere i pazienti dal nostro narcisismo per far si che esso non cannibalizzi il loro: camminare nel prato altrui può essere necessario, ma è qualcosa di cui occorre chiedere "permesso" e "scusa".

CRIA CUERVOS Y TE SACARÁN LOS OJOS *

Giovanni (nome di fantasia) è un ragazzo di seconda media, il cui padre, disoccupato, si è suicidato otto mesi fa.
Giovanni  non va bene a scuola, e l’anno scorso, un paio di mesi dopo la morte del padre, sono stato costretto a intervenire presso la scuola perché non fosse bocciato. Una delle obiezioni che allora sentii fare da un paio di insegnanti fu che il ragazzo era un cattivo studente “anche prima della morte del padre”.
Oggi Milena, l’educatrice che si occupa di lui, mi riporta una frase pronunciata in sua presenza dal professore di ginnastica: “Giovanni è un pessimo studente, e non mi dica che la cosa dipende dalla morte del padre. Otto mesi dopo, il problema non c’è più. Io lo so perché sono padre”.
Mentre Milena parla, mi torna in mente Giancarlo Casseri, il militante razzista di Casa Pound che il 12 Dicembre 2011, a Firenze, ha ucciso gli ambulanti senegalesi Di
op Mor e Samb Moudou, e mi chiedo chi lo abbia aiutato a diventare così.

* alleva corvi e ti caveranno gli occhi

giovedì 8 dicembre 2011

I DID IT MY WAY

Fare psicoanalisi a modo proprio è peccato mortale, ma una psicoanalisi fatta a modo altrui è morta. Ed è di vitale importanza che la psicoanalisi non muoia.