Perché Wiesbaden 1932


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martedì 10 giugno 2014

ERGO SUM

L'uomo anziano passeggia nervosamente lungo il corridoio nella casa dell'amico. È stato un noto psicoanalista, uno studioso, l'autore di libri tradotti in molte lingue, un uomo famoso. Tutto ciò si è arrestato improvvisamente il giorno in cui è stato colpito da un ictus, dal quale, secondo il suo neurologo, è poi "guarito". Tutto il suo corpo risponde ora ai movimenti, e se non fosse per quella maledetta depressione che lo atterra, potrebbe fare una vita da uomo normale. Ma che cosa è normale? Una gran parte dei suoi ricordi se ne sono andati come files cestinati per sempre: operazione non reversibile. La sua incessante attività di studioso non potrà mai più riprendere.
L'uomo passeggia, scorrendo le costole dei libri in vista sugli scaffali della libreria dell'ospite. A un tratto è preso da una silenziosa frenesia, e ne estrae un volume massiccio scritto da un autore straniero fra i più famosi, di cui egli è stato l'editor italiano.  Ne scorre nervosamente alcune pagine, poi va al frontespizio: qui inizia a scorrerne con l'indice prima il nome dell'autore, poi il titolo, quindi il sottotitolo, per arrivare a leggerne il nome del curatore dell'edizione italiana, che è il suo. L'uomo emette un sospiro di sollievo, seguito da un cenno di assenso con la testa. Con l'aria finalmente sollevata, chiude il libro e lo ripone con cura nello spazio dal quale lo aveva estratto. La sua vita, tutta quella vita passata a inseguire sogni propri e altrui, e a distillarne pensieri da fissare sulla carta, non è più dentro di lui, e non vi tornerà. Stasera gli basta pensare che è da qualche parte, là fuori. E che vive di una vita propria.

9 commenti:

  1. Capisco cosi perché la mia analista mi chiede di tanto in tanto se tengo un diario.. rileggere che tu hai scritto questo e pensato quello ti da l'idea della tua autobiografia. E nel giorno i cui ti dimenticherai tutto, forse un indizio potrà rievocare tanti dei ricordi immagazzinati nella memoria. Forse

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    1. Giusto. Però, la tragedia qui raccontata riguarda l'impossibilità di rievocare alcunché. I files sono stati cancellati a causa della distruzione di materia cerebrale. Almeno, così pensano i neurologi.

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  2. Chissà cosa invece pensano gli psi.. il vuoto della materia cerebrale è stato sufficiente a creare un vuoto del ricordo? La decadenza del tessuto nervoso però spaventa!

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  3. O forse l impossibilità a rievocare è data dal fatto che non c 'è nessuno che ascolta più le parole dell ' uomo e le mette in valore. La sua storia.

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    1. credo che il danno sia avvenuto a carico dell'hardware. Con la distruzione del supporto, sembra siano andati via anche i contenuti. Questo sembra, a meno di non scoprire qualcosa di nuovo.

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  4. potere pensare che la nostra vita è la fuori e vive di una vita propria, è molto più di quanto un uomo non possa sperare per se stesso.
    è un uomo fortunato,
    la memoria dei suoi pensieri, intuizioni, sogni e sentimenti sarà per sempre viva negli esseri umani che ha incontrato e aiutato, nella stima dei colleghi e l'amore degli allievi,
    e in tutti quelli che leggeranno il suo nome in un libro...che molto probabilmente diventerà un file...
    una volta, in ufficio, mi è capitato che bruciasse irrimediabilmente l'hard disk del mio pc; anni di lavoro bruciati, andati e tutti i documenti meticolosamente raccolti e conservati e gli indirizzi e il lavoro da presentare il giorno dopo e tutta quella memoria utile a risolvere qualsiasi cosa e i modelli di documenti e le rubriche....e anche tutti quei files che non avevo mai avuto il coraggio di spostare nel cestino e che riempivano quasi i tre quarti della memoria,
    che forse, nel "bruciare", ha solo tentato di farsi spazio da sola di alleggerirsi
    e forse anche io mi sono sentita più leggera dopo, e ho lasciato andare la pena per tutti quei documenti perduti, pena che, altrimenti, avrebbe potuto diventare un nuovo ingombrante pesantissimo file. quella pena che sarebbe bene lasciassero anche tutti quelli che potrebbero ricordarcela.... sennò è stato tutto inutile....la ribellione del cervello, mossa dal cuore, al sovraccarico della nostra esistenza.

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  5. Il cervello, la mente, il mondo hanno bisogno di rinnovarsi. Per questo non siamo eterni, per questo esistono le generazioni.
    Nel racconto "Funès, o della memoria", J.L. Borges narra di un uomo gravemente ammalato per il disturbo contrario di quello sul quale stiamo riflettendo, cioè l'ipermnesia. Il protagonista del racconto non riesce a dimenticare alcun istante della sua vita, e, alla fine, muore.
    Noi dobbiamo rinnovare i nostri contenuti, buttando via ciò che è irrilevante. anche noi, se non esistesse la morte, diventeremmo per la terra un peso insopportabile e incompatibile con la sopravvivenza di tutti. noi ce ne andiamo per far posto, per far pulizia, sperando dii lasciare pensieri che possano essere ricordati e che possano nutrire altri come noi. La specie è più importante del singolo, anche se Io non tollera di essere secondo a nessuno, e soltanto quando riesce a guardarsi dall'esterno può cominciare a scivolar via dal centro dell'universo narcisistico, per raggiungere una posizione appena un po' più periferica, come accadde alla terra nello sguardo disincantato di Copernico. Ho appena dato alle stampe un lavoro nel quale mostro come in Ferenczi l'idea di una morte totale, assoluta, possa essere messa in discussione. Ma ciò non è abbastanza, perché l'Io si spegnerà (almeno credo), e Io non sarò a vedere il dopo. E' una notizia triste per i curiosi come il sottoscritto, ma è una consapevolezza alla quale è più prudente rassegnarsi.

    Le sue sono interessanti osservazioni, ma le chiederei la cortesia di identificarsi, anche soltanto con uno pseudonimo, in modo da non essere confusa con altri anonimi che scrivono, di tanto in tanto, su questo blog.

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  6. mi perdoni,
    il mio nome è maria francesca,
    mi è già capitato di scriver-Le in questo blog, firmata "francesca" ma non quella "francesca" degli ultimi due post.
    quella a cui aveva gentilmente offerto il suo indirizzo email o numero privato, avendo colto da poche stupide parole, tutta la mia tristezza e confusione, il mio disperato bisogno di incontrare un essere umano.
    non ho avuto il coraggio di risponderle. forse la tristezza di avere la sensazione di non aver mai incontrato un essere umano è stata travolta dalla paura di incontrarne uno.
    mi farebbe tanto piacere poter leggere il suo lavoro appena dato alle stampe, potrebbe farmi sapere il titolo?
    maria francesca

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    1. Capisco. Il primo passo può essere terribilmente difficoltoso. Intuisco dal fatto che lei definisce "stupide" le sue parole, la paura che anche l'interlocutore possa condividere lo stesso giudizio. Dovrebbe provare a mettere fra parentesi la sua vergogna e tentare di affidarsi almeno un po'. Magari mi scriva in privato. E d'ora innanzi si firmi sempre Maria Francesca, così la riconoscerò.
      L'articolo farà pare di un libro collettaneo ancora "in costruzione", e qualche collega non ha ancora consegnato il suo. Quando sarà pronto, le farò sapere.

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