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lunedì 5 maggio 2014

IL «ROMANZO FAMILIARE» DELLA PSICOANALISI


Quando, nel settembre 1897, in una famosa lettera a Fliess ("non credo più ai miei neurotica")  Freud giunge ad abbandonare la Teoria della Seduzione, lo fa spinto dalla propria incredulità di fronte al ripetersi di fenomeni incestuosi nelle famiglie dei suoi pazienti: una frequenza che gli appare irrealistica.

Altre ragioni più sottili sono state addotte per spiegare quello che Bowlby definirà "un disastroso voltafaccia", ma qui mi vorrei limitare a considerare alla lettera il metodo di indagine adottato da Freud, mettendo provvisoriamente da parte ogni altra motivazione personale (quelle ad esempio descritte da Marianne Krüll, in relazione ai conflitti con il padre Jacob) o "politica" (quelle ipotizzate da Jeffrey Moussajeff Masson, a proposito dell'esigenza di Freud di temperare le tensioni con  l'ambiente scientifico e sociale viennese a lui contemporaneo).

Nella Minuta M a Fliess del 25 Maggio 1897, Freud espone all'amico il processo associativo dell'esperienza traumatica (che dà ancora per certa) con la fantasia, così come se la sta raffigurando a quel punto della sua speculazione.

In questo testo sono contenute importanti intuizioni relative a un concetto la cui fortuna si svilupperà cento anni dopo, vale a dire il "transgenerazionale". Ma è la preoccupazione monotematica di fondo a impedire a Freud di liberare la fantasia in più direzioni non ostacolate dal timore, veramente eccessivo, di contraddirsi.

In questa prospettiva i sintomi dei figli sono spesso, per Freud, "riletture" e interpretazioni dei conflitti appartenuti ai genitori o agli avi, ma in una prospettiva troppo condizionata dall'idea pansessualista di fondo.

"L'agorafobia -scrive fra l'altro- sembra dipendere da un romanzo di prostituzione, che riconduce a un romanzo familiare": laddove per "romanzo" intende una ricostruzione romanzata ma dal nucleo storicamente vero dei conflitti domestici.

"Una donna che non vuole uscire da sola -prosegue- afferma quindi l'infedeltà della madre".

Molti anni più tardi, la psicoanalisi, liberandosi dalla necessità coatta di non divergere dalle ipotesi del Fondatore, rifletterà sui concetti di simbiosi, di separazione, accettando anche il concetto, originariamente junghiano, di individuazione; argomenti, questi, che contribuiscono a spiegare l'agorafobia in una dimensione aperta e non più condizionata dal dogma del conflitto sessuale originario, che rende il pensiero drammaticamente asfittico. Nello stesso tempo, i traumi sessuali "reali" , e tutti i traumi esogeni in generale, continueranno a essere interdetti all'attenzione degli psicoanalisti, in obbedienza a un errore di prospettiva destinato a perpetuarsi in "eterno", come un "romanzo familiare" patogeno.

1 commento:

  1. Non mi verrebbe mai in mente di squalificare centocinquant'anni di psicoanalisi; tanto più che non ce ne sarebbe bisogno alcuno, visto che la disciplina, da "scienza di un solo Autore" quale è stata dalle sue origini fino al 1939, ha saputo differenziarsi e diventare plurale, in qualche caso persino all'eccesso.
    Per quanto riguarda i punti di svolta, credo che il passaggio dal pulsionale alla teoria delle relazioni oggettuali sia stata certamente epocale, ma ancora insufficiente per riconquistare a pieno titolo una vera dimensione relazionale quale è stata quella inaugurata da Ferenczi con l'introduzione di una two-person-psychology che ai giorni nostri è protagonista di una vera e propria "renaissance", e che negli USA ha definitivamente soppiantato il paradigma della ego-psychology.
    Quanto all'istinto di morte "originario", sospetto abbia fatto definitivamente il suo tempo con l'abbandono sia pure non sbandierato del kleinismo "duro e puro". Oggi possiamo finalmente guardare all'influenza ambientale come a una componente imprescindibile nello studio dell'origine die conflitti.

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