Perché Wiesbaden 1932


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mercoledì 28 marzo 2012

FUORI LE MURA


Stamattina, dovendo fare del lavoro diagnostico, ho tentato di osservare un bambino fuori della stanza, accovacciato per terra in un angolo fra il muro e la fotocopiatrice. Matteo, il bambino in questione, rifiutava assolutamente di rimanere dentro la stanza, seduto su una sedia, a un tavolino dove disegnare sui fogli che gli avevo offerto. 
L’episodio mi ha fatto pensare a Matilde, la donna “out of the frame”.
In moltissimi anni di conoscenza, Matilde non ha mai cessato di fraintendere il titolo di un libro di Marion Milner, che lei chiama “NELLE mani del dio vivente” (1).
La questione è particolarmente significativa, perché tutta la vicenda di Matilde si snoda attorno all’angoscia di scegliere fra un’impossibile autonomia e un’altrettanto impraticabile dipendenza.
L’autonomia è impossibile proprio a causa della sua radicalità; e la dipendenza è tenuta in presagio di morte.
Matilde non può sentirsi fra le mani di nessuno, perché in tal caso questi diventa un dio arcaico, onnipotente e spietato; e non può smettere di cercare senza sosta chi le dia ciò di cui ha un assoluto bisogno.
Per questo, amare Matilde significa tenerla fuori del proprio cuore: non proprio lontano, ma nelle vicinanze in un’eterna sosta sul limitare della casa.
E’ forse a causa del fatto che essere riuscita ad accettare alcuni elementi di un setting (stare dentro il tempo e la stanza stabiliti, anziché fuori, sul pianerottolo e in tempi limitrofi) la induce a sottrarsi al contenitore che di più teme e desidera, che è la mente e la memoria del terapeuta; il quale dev’essere mantenuto all’oscuro della maggior parte dei suoi pensieri.
Tutte le relazioni di Matilde vengono private del connotato della dipendenza, immediatamente sostituito da una dimensione rigorosamente paritaria: i suoi amori diventano ben presto fratelli che non potranno mai più essere lasciati, perché la separazione, al pari dell’appartenenza, è assolutamente inaccettabile. Per questo Matilde è una Biancaneve che sogna di creare realmente una casa dove vivere con tutti i nani.
Intelligentissima, Matilde appartiene a una dinastia universitaria; e ciò ha qualche relazione con il fatto che è riuscita a raggiungere risultati importanti in almeno due professioni intellettuali, evitando scrupolosamente di prendere una maturità di livello alto e una laurea che le consentisse di svolgere la professione cui si sentiva destinata.
Entrambe le cose l’avrebbero fatta sentire appartenente a qualcuno (al padre, probabilmente), e ciò le sarebbe risultato insopportabile. Meglio, molto meglio raggiungere risultati pressoché analoghi, camminando fuori del sentiero stabilito.
Per molti anni, io ho tenuto aperta la porta di casa aspettando che entrasse, e soltanto tardi, molto tardi, ho capito che la terapia di Matilde potrebbe svolgersi soltanto in un altrove, che stiamo ancora cercando.

(1) Milner M., Le mani del dio vivente, Roma: Armando, 2000.

10 commenti:

  1. DENTRO LE MURA

    DA : LA CASA DI ASTERIONE

    ... Ogni nove anni entrano nella casa nove uomini, perché io li liberi da ogni male. Odo i loro passi o la loro voce in fondo ai corridoi di pietra e corro lietamente incontro ad essi. La cerimonia dura pochi minuti. Cadono uno dopo l'altro; senza che io mi macchi le mani di sangue. Dove sono caduti restano, e i cadaveri aiutano a distinguere un corridoio dagli altri. Ignoro chi siano, ma so che uno di essi profetizzò, sul punto di morire, che un giorno sarebbe giunto il mio redentore. Da allora la solitudine non mi duole, perché so che il mio redentore vive e un giorno sorgerà dalla polvere. Se il mio udito potesse percepire tutti i rumori del mondo, io sentirei i suoi passi. Mi portasse a un luogo con meno corridoi e meno porte! Come sarà il mio redentore? Sarà forse un toro con volto d'uomo? O sarà come me?
    Il sole della mattina brillò sulla spada di bronzo. Non restava più traccia di sangue.
    "Lo crederesti, Arianna?" disse Teseo. "Il Minotauro non s'è quasi difeso."

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  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    1. SERVE FORSE UN ASTERISCO
      (per una migliore comprensione)

      * "...fra i tanti giuochi, preferisco
      quello di un altro Asterione"


      *Da " La casa di Asterione" di Jorge Louis Borges - L'Aleph-
      Ed. Universale economica Feltrinelli- pg.67 ( riga 2)

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  3. Un dolore che aspetta di essere rivelato.

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  4. Dimenticavo. ma la difficoltà di questo bambino è entrare nella tua stanza di terapia o uscire dal suo angolo protetto? cosa è successo alla sua nascita quando per la prima volta ha varcato la "soglia"?
    E' stato in incubatrice?

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  5. Ma che spazio occupa il corpo nella stanza di analisi?
    Questa domanda mi viene in mente mentre mi immagino il bambino fuori
    della stanza accovacciato in un angolo che lo faceva sentire protetto.
    Superare la soglia voleva dire entrare nel TUO spazio. Forse è proprio
    questa la comunicazione: perchè dovrebbe fidarsi di te?
    Dei tre tipi di funzioni mnestiche: rammentare, ricordare, rimembrare,
    il bambino rievoca concretamente col corpo?
    Cosa è successo sulla soglia della porta?
    Per la moderna biologia la memoria è "la capacità di un organismo
    vivente di conservare tracce della propria esperienza passata e di
    servirsene per relazionarsi al mondo e agli eventi futuri"(Galimberti,
    1999 p.633. Psicologia).
    il DNA -il codice genetico su cui si fonda la vita- è una memoria che
    viene continuamente trasmessa di vivente in vivente. =

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  6. Cara Francesca, il lavoro diagnostico è stato fatto a fini burocratici da parte di una commissione medico-legale di cui al momento facevo parte, per consentire al bambino di avere un sostegno scolastico. Non sono il suo terapeuta e non so risponderti.

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  7. @ Matilde.

    "Devastato il giardino, profanati i calici e gli altari, gli unni entrarono a cavallo nella biblioteca del monastero e lacerarono i libri incomprensibili, li oltraggiarono e li dettero alle fiamme, temendo forse che le pagine accogliessero bestemmie contro il loro dio, che era una scimitarra di ferro.
    Bruciarono palinsesti e codici, ma nel cuore del rogo, tra la cenere, rimase quasi intatto il libro dodicesimo della "Civitas Dei", dove si narra che Platone insegnò in Atene che, alla fine dei secoli, tutte le cose riacquisteranno il loro stato anteriore ed egli, in Atene, davanti allo stesso uditorio, insegnerà nuovamente tale dottrina. Il testo rispettato dalle fiamme godette di una venerazione speciale e coloro che lo lessero e rilessero in quella remota provincia dimenticarono che l'autore aveva esposto tale dottrina solo per meglio confutarla. Un secolo dopo, Aureliano, coadiutore di Aquileia, apprese che alle rive del Danubio la nuova setta dei "monotoni" (chiamati anche "anulari") affermava che la storia è un circolo e che nulla esiste che non sia già stato e che non sarà nuovamente. Sulle montagne, la Ruota e il Serpente avevano sostituito la Croce. Tutti temevano, ma li confortava la voce che Giovanni di Pannonia, che s'era distinto con un trattato sul settimo attributo di Dio, avrebbe impugnato una così abominevole eresia".

    (J. L. Borges, I TEOLOGI, in L'Aleph, Tutte le Opere, I Volume, Meridiani Mondadori).

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    1. L'Anonimo sostiene di non saper spiegare esattamente il perché questo brano gli sia tornato in mente nel leggere la citazione borgesiana di Matilde: si tratta di due racconti compresi nella medesima raccolta, ma non può essere questa la sola né la più importante ragione del legame associativo.
      A volte i sogni di persone con cui scopriamo affinità ci inducono a contatti che sono intimi anche se partono da lontano: sogni di sogni, come ho scritto in un altro post.
      Con naturalezza e senza sospetto, Borges ci parla qui di un trauma devastante (non necessariamente il suo perché tutti abbiamo coscienza dell'esperienza universale; non sto quindi facendo della psicobiografia a buon mercato). Gli Unni (non a caso "gli unni") che distruggono la biblioteca ci mutilano orribilmente della memoria, che persiste in forme residue deprivate di significato. Il residuo mnestico diventa compulsione ossessiva e feticcio che conserva un nucleo di verità: il desiderio di cessare di morire, la promessa che ciò non avverrà, la ricerca di un talismano che metta per sempre al riparo da altre invasioni. Ma il feticcio diventa, paradossalmente, causa di ulteriore e circolare distruzione. Soltanto una memoria capace di guardare le cose con distacco (la memoria smemorata e disattenta di Dio) può ricomporre il mosaico, ristabilendo i contatti fra ciò che è separato dalla scissione che produce alterità (Giovanni e Aureliano sono, nella percezione delirante di Dio, la stessa persona). E i Teologi, povere anime in pena, sono come gli psicoterapeuti, la cui superbia non può che essere schiacciata dalla sorda e impietosa realtà.

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  8. Matilde prova, estremizzato, il conflitto frommiano tra la dipendenza (castrante) e l'autonomia (impossibile da sopportare): "mettere su nuove radici staccandosi dalle vecchie". E' difficile: ci vuole coraggio, determinazione, una buona capacità di sopportazione della frustrazione, propensione al rischio ed anche una fortissimo desiderio di indipendenza. Ma senza un minimo di "base sicura" è dura, molto dura...

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