Perché Wiesbaden 1932


PERCHE' "WIESBADEN 1932"? Leggete qui



Detto ciò, benvenuti nel mio Blog, angolo per riflessioni da condividere con colleghi e amici selezionati.











martedì 6 novembre 2012

AVER TORTO

Carlotta (nome di fantasia) è una psicologa da anni impegnata nella tutela dei bambini e nel sostegno alla genitorialità.
L'altro giorno, mentre pranzavamo assieme, abbiamo a lungo ragionato sulla diversità fra il sentirsi arbitri di vicende familiari complesse, e il far fronte alle nostre normali (e talvolta dolorose) incombenze di genitori. Pochi giorni dopo, mi ha fatto pervenire questa "lettera indirizzata a se stessa", che mi ha autorizzato a pubblicare sul Blog.

Lettera a me stessa
di Carlotta B.

Hai sempre avuto ragione. Come tutti, del resto, hanno sempre ragione. Avevi ragione quando litigavi con tuo padre per la politica, e l'avesti persino quella volta che ti bocciarono sonoramente lasciandoti con il culo per terra. Quella volta lì eri sicura di aver torto perché loro non potevano sbagliare; ma capire dove avevi sbagliato tu era un rebus impossibile da risolvere. Ci vollero anni di penitenza per arrivare a comprendere che tutta quell'infallibilità che avevi loro attribuito era l'esigenza nevrotica di una bambina insicura che aveva deciso di costruirsi un padre onnipotente che la proteggesse per sempre. E fu una grande emozione scoprire un giorno che in quei tuoi fallimenti c'era una verità: fallivi perché qualcosa in quel padre onnipotente non ti piaceva affatto. E l'errore era stato quello di non aver dato voce a quel tuo dissenso, nell'averlo soffocato nascondendolo persino a te stessa, perché eri terrorizzata dall'idea di rimanere sola. Quindi hai avuto ragione anche quando hai avuto torto: una discreta soddisfazione, anche se il prezzo pagato era stato alto. E poi hai avuto ragione un mucchio di volte, scontrandoti in maniera sanguigna, e arrabbiandoti fino a rischiare di star male, contro la superficialità la rozzezza e l'ignoranza dei tuoi avversari. Avevi combattuto, insomma. In nome dell'aver ragione.
Ma ora hai torto. Ora che lei se ne va, e tu ti arrabbi perché non lo fa rispettando i modi e i tempi canonici. Ora che fa qualcosa che accoglieresti con soddisfazione in qualsiasi tuo paziente: uno qualsiasi di quelli che speri imparino a stare in piedi da soli. Perché è per questo che si fanno i figli (come non ti stanchi di ripetere ogni volta in cui ostenti la tua ragione da vendere): per vederli andar via e dire: "ho fatto il mio lavoro". Perché sai (lo predichi da anni) che tutto nasce dal narcisismo dei genitori che considerano i figli come un dono per sé. Quando era nata, tu ti eri consolata di quel distacco da te, pensando: "ora il mio narcisismo ha imboccato una curva a gomito: prima la mia vita era esclusivamente dedita alla realizzazione di me stessa, mentre ora io passo in secondo piano". Ma quanta autenticità vi era in tanta saggezza? E dov'era finito l'egoismo di sempre? Sparito per sempre? O messo solo momentaneamente da parte? Certo, non ci si può annullare per i figli come aveva fatto tua madre con te, ma almeno non bisogna perdere le coordinate: il tuo GPS interno dovrebbe sempre indicarti il punto in cui ti trovi. E tu ora sei nel punto del torto marcio.
Ti preoccupavi tanto per quella figlia che non cresceva, sempre un po' imbambolata, sempre lenta. Hai speso ogni sforzo e ogni soldo per aiutarla. Volevi che diventasse adulta, una bella mente. Come la tua. Diciamo la verità: avresti voluto farne una copia di te, qualcuno che potesse portare avanti la tua voglia di sapere, avida e incessante. Perché una vita non basta, e ogni volta che guardi la tua libreria ti chiedi dove finirà tutto questo, dopo. Non sei abbastanza importante perché possa diventare un museo né così irrilevante da poter mandare tutto al negozio dei libri usati senza nemmeno un rimpianto. Così avresti voluto che lei ti continuasse. Ma se tanto mi dà tanto, potrebbe essere che anche lei abbia tentato di fallire per sottrarsi ai tuoi desideri di farne una copia; in fondo, è la stessa cosa che hai fatto tu con i Maestri. Così è rimasta lì, sospesa fra il crescere e il non crescere, ostinatamente attaccata alle favole dell'infanzia fintanto che un giorno vi ha detto, senza che nessuno se lo aspettasse, che avrebbe preferito vivere da un'altra parte. Dapprima hai sorriso, poi hai pensato che ci fosse qualcuno con cui volesse aver campo libero, poi hai cominciato a sentire che lei ci tiene davvero, che non è la sfuriata di un momento, che è un'esigenza e non un capriccio. E hai cominciato a non voler capire più e ad arrabbiarti. Ma siccome hai capito benissimo, ciò che ti resta è questa tua tristezza. 
E quindi, che dire adesso delle curve a gomito del narcisismo? Se tuo figlio decide di provare a camminare da solo dovresti prendere la notizia con soddisfazione. Ma non puoi perché questo  è un altro segno del tuo invecchiare. E allora non ti restano che rabbia e tristezza, e alla fine di tutto questo, la calma sensazione di aver torto."

Nessun commento:

Posta un commento